Marenghi ESPONE

 

Realtà Altra - Ciro Mareghi 

 

REALTA’ ALTRA

 

    La fotografia: fuga dal presente e dalla realtà o, al contrario, trascrizione realistica e fedele dell’immagine, fissata attraverso la meccanicità della riproduzione?

  

   Questa la prima domanda che ci si pone osservando i “quadri” di Ciro Marenghi.

 

   E il riferimento al quadro non è certo casuale, perché, osservando con attenzione queste proposte artistiche appare evidente la caratteristica precipua che emerge dalle ricercate foto: una realtà messa in posa.

 

   Il fotografo, in questo frangente, non accetta tout court il dato visibile e oggettivo, e la marcata intenzionalità si coglie appieno spaziando con lo sguardo appena un po’ oltre, quasi scavalcando il soggetto ritratto.

 

   In questo caso si avverte la piena e consapevole costruzione, evidenziata da magici sfondi, estremamente  voluti e particolari, volti a mostrarci una “realtà altra” in una sorta di vero e proprio affresco.

 

   E così si può nettamente percepire il proposito di una fuga fantastica, in cui vi è una vera e propria sospensione dell’immagine.

 

   Di conseguenza questa figura statuaria, raffigurata secondo calcolate prospettive, talvolta evidenziando morbide rotondità, talvolta accentuando, attraverso particolari pose, spigolose costruzioni geometriche, esce dal contesto del reale, si fonde con il paesaggio e si proietta in una dimensione assolutamente inconsueta e imprevedibile.

 

   Non pare ci sia tempo o luogo per queste fotografie, la loro soffusa indeterminatezza le colloca in una soglia di completa astrazione, in una visione onirica abilmente costruita e modellata ad effetto, quasi da osservare ad occhi semichiusi, per mantenere – consapevolmente – una sottile e quasi sfuggente indefinitezza nella percezione.

 

   Ed ecco quindi, nei dettagli, un corpo che, in un fatale incrocio di gambe e braccia, appare quasi prigioniero, sospeso nell'irrealtà di uno sfondo che evoca nella nostra fantasia inespugnabili forzieri  cui fanno da forte contrasto, in totale abbandono, sinuose curve che lambiscono terra riarsa, o, in un crescendo, scenari con mattoni che paiono deformare la pesante claustrofobica cappa di una realtà urbana.

 

   Si passa poi ad audaci cromatismi, contrasti tra colore e bianco e nero, abbinamenti di luce e ombra che dilatano in maniera abnorme la realtà.

 

   E in quella, che a ben ragione, si può ritenere l’ultima “composizione”, ecco che  la visione si ferma di fronte a una figura in piedi, dubbiosa e titubante di fronte all’ignoto,  un ignoto che si può solo intuire,  quello di una porta finestra, anticamera del mistero, capolinea o nuovo punto di partenza verso interminati percorsi.

 

  Si rimane sicuramente sorpresi di fronte a questa sperimentazione, che costringe la mente a rielaborare nuovi concetti, per ricontestualizzare le immagini in un contesto già noto.

 

   Il che non è facile, perché, dopo questo breve viaggio, si ha la forte sensazione di essere approdati in un mondo del tutto nuovo, in un universo dai contorni un po’ surreali, in cui la figura ritratta, immagine solo abbozzata, quasi defilata in questa realtà sfumata, si affaccia con circospezione, esplorandolo senza armi, senza vesti, senza difese, quasi fosse il primo giorno di una nuova, sconosciuta vita.

 

Lorenza Pellegrini