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Partiro, e s’affrontaro a quella gente
che, lunge dal voler la vita loro, il dolce loto a savorar lor porse. Chiunque l’esca dilettosa e nuova Gustato avea, con le novelle indietro Non bramava tornar: colà bramava starsi, e mangiando del soave loto, la contrada natia sbandir dal petto. E’ ver ch’io lagrimosi al mar per forza li ricondussi, entro i cavati legni li cacciai, gli annodai di sotto ai banchi: e agli altri risalir con gran prestezza le negre navi comandai, non forse ponesse alcun nel dolce loto il dente, e la patria cadessegli dal core. (Odissea,
IX, V. 116 ss.) |
Suggestivi
tramonti colorano di rosa le strade, spiagge bianchissime, quasi polinesiane,
abbracciano l’incontaminato mare, “un’aria dolce che impedisce di morire”, come
scrisse Flaubert, accarezza le palme: ci troviamo a Djerba, la mitica isola dei
mangiatori di loto dove, secondo la leggenda, sbarcò Ulisse.
Meta ormai
abituale del turismo, questo lembo meridionale della Tunisia possiede un
fascino particolare che avvince il viaggiatore, catturandolo per sempre.
Strutture
alberghiere decisamente all’avanguardia, pluriennale esperienza degli
operatori, estrema duttilità delle vie di comunicazione – l’aeroporto di
Mellita è a due passi dalla capitale Houmt
Souk, l’isola è collegata al
continente da un ponte romano a sud e da un servizio di traghetto a nord – si
rivelano altresì carte essenziali per il turismo, giusto complemento a quanto
di straordinario offre già Djerba.
Tali e
tante le suggestioni per noi occidentali, a cominciare dal capoluogo, Houmt Souk.
Di rigore,
per respirare a solo un’ora e mezzo di volo dall’Italia atmosfere esotiche, una
visita al dedalo dei souk, poliedrico mercato coperto, miscellanea di lingue,
oggetti, colori, suoni, odori. Il tutto secondo il gioco della contrattazione e
un rituale ben consolidato: la “sparata” del venditore e la controfferta del
compratore, ribassata di molto senza comunque ridursi al punto di offendere la
dignità dell’interlocutore.
Si possono
così trascorrere delle ore, divertendosi a ricercare il medesimo oggetto al
prezzo migliore – diventa quasi una febbre e una sfida – ricordandosi però
sempre di non varcare la fatidica soglia di equilibrio.
Camminando
tra i tavolini dei bar, tra fumatori di narghilè avvolti nelle
caratteristiche djellaba, vesti di color grigio,
si può successivamente raggiungere e visitare il mercato all’aperto: merci
sparse alla rinfusa, generi alimentari (specie pesce essiccato) ammonticchiati
per terra, con buona pace delle più elementari norme igieniche, mitica caccia
allo zafferano, qui venduto a prezzi veramente interessanti.
E’ un
mondo che dista enormemente dalla nostra comprensione della realtà. Ovunque si
respira un’aria diversa, l’incedere della gente è cadenzato da ritmi che non ci
sono propri. Come immergersi in un’atmosfera immaginaria: Aladino e il suo
tappeto volante non sembrano neanche tanto lontani.
Una volta
esaurito il colore locale, si rivelano anche estremamente interessanti le
visite ai laboratori artigiani di tessitura e tintoria, alle moschee, al forte
spagnolo del XIII secolo.
Poi, a bordo di un economico taxi – onnipresenti le vecchissime Peugeot 404 bianche e blu, retaggio di madre Francia – è possibile, con pochi dinari, effettuare un rapido tour dell’isola, unico disagio la lingua. L’italiano, universalmente compreso negli hotel e nei souk, non sembra ottenere il gradimento degli autisti: molti parlano, oltre all’arabo, solo il francese. Se non lo conoscete sarà meglio ovviare all’inconveniente con l’aiuto di una guida.
Essenziali
tappe del giro sono Midoun, villaggio
in cui, pressoché giornalmente, viene organizzato un finto matrimonio berbero
per i turisti, Hara Seghira, con la
famosissima
Se poi la
fortuna vi assiste, durante il tour potreste imbattervi, come è capitato a me,
in un miraggio, in questo caso una lunga distesa di palme, poi rivelatesi
fantasmi: Djerba è anche questo.
E poi… e
poi le spiagge, bianche da mozzare il fiato. Ma non si tratta di Polinesia: la
presenza di dromedari “itineranti”, noleggiabili, padrone compreso, per la
caratteristica foto ce lo ricorda.
E il mare,
quello è veramente bello: in certe ore del giorno assume una colorazione
incredibile, comparabile, per intensità di suggestioni, a quella del cielo al
tramonto, quando un’aureola color pastello si staglia lungo i profili bianchi
delle case.
Un’ultima
annotazione: da Djerba è possibile effettuare un’escursione circolare verso
l’interno della Tunisia, da sud a nord. Se volete rientrare in hotel in
giornata potete percorrere, a bordo di una jeep con guida e autista, un
itinerario-base di circa
Una volta
superato il ponte romano, via via incontrerete Medenine, con le caratteristiche ghorfas, granai che assumevano
anche una funzione difensiva: pressoché rase al suolo, sacrificate allo
sviluppo urbanistico della città, sopravvivono oggi in minima parte, ad uso e
consumo dei turisti, Tamezret, agglomerato
berbero interamente costruito in pietra, il villaggio troglodita di Matmata, con le sue case sotterranee e
l’atmosfera lunare (ricordate “Guerre stellari”?), l’oasi di Gabès, una incredibile selva con palme
da datteri, banani, ulivi, melograni, aranci, limoni, viti, tabacco, ortaggi.
Successivamente, raggiunta Jorf, un
traghetto vi riporterà nella
dolce isola dell’oblio.
Djerba
dista dalla capitale Tunisi
Completamente pianeggiante, non supera in alcun punto i
Il clima è
dolcissimo, trecentoquaranta i giorni di sole all’anno. Data la sua posizione
nel golfo di Gabès e la fertilità del suolo, fu abitata sin dall’antichità.
Queste le
invidiabili temperature medie mensili: gennaio 11,9; febbraio 11,5; marzo 13,3;
aprile 16,4; maggio 21,6; giugno 24,5; luglio 28,8; agosto 27,3; settembre
27,7; ottobre 22,9; novembre 16,3; dicembre 13,2.
(Qui Parma, Supplemento della
Gazzetta di Parma, dal 10 al 16
ottobre 1991)