LA FIGURA DEL PRETE IN GUARESCHI

 

 

La figura del prete ha sempre affascinato gli autori, molti gli esempi al proposito, uno fra tutti il particolare personaggio di don Abbondio nel Manzoni, via via passando per figure complesse, talvolta tratteggiate e descritte con un carico di profonda sofferenza e umanità.

   Ogni scrittore ha raccontato del "suo" prete, con modalità di approccio differenti. Il ricorrere frequentemente in letteratura a questa figura ha varie spiegazioni, una delle più semplici è data dal fatto che un tale soggetto affascina sia l'autore che il lettore. Il prete è mistero, perché è sia uomo sia intermediario con Dio, è uomo come tutti, con dubbi e debolezze, ma con qualcosa che lo rende speciale e diverso (pur tenendo sempre presente che ognuno di noi è diverso da qualsiasi altro suo simile).

   Il prete, infatti, pur nei suoi limiti umani, pare possedere una chiave che altri non hanno. 

   Questa brevissima riflessione, unita alla lettura del "Mondo piccolo", può far cogliere qualche aspetto della semplice ma nello stesso tempo variamente articolata figura di don Camillo, così come è stata tratteggiata da Giovanni Guareschi. Una figura sempre attuale, pur se tempi, vicende, uomini e luoghi della sua storia paiono molto distanti dal mondo d'oggi.

   Don Camillo è un prete che, paradossalmente, pur essendo per certi aspetti anticonvenzionale, piace a tutti. Piace al lettore, che ne sa cogliere sia i tratti, come dire, "sanguigni", sia quelli altamente spirituali, piace al suo avversario di sempre, nei vari duelli che forse sarebbe meglio definire "duetti", tanta è la sintonia che si intuisce tra i due personaggi, specie quando si abbandona “l’ideologia” e si passa alla “pratica”,  piace al Cristo crocifisso, che scende sulla terra molto volentieri per redarguire bonariamente il "nostro", piace all'autore che, attraverso i dialoghi di don Camillo con il crocifisso, può dar sfogo ai suoi più intimi pensieri. Come non citare, a questo proposito, le sue famose parole, quelle di introduzione al "Mondo piccolo":

 

"Chi parla nelle mie storie non è il Cristo, ma il mio Cristo: cioè la voce della mia coscienza. Roba mia personale, affari interni miei."

 

   Fa piacere ritrovare ancora oggi un personaggio come don Camillo, che riesce a fermare il nostro tempo e a rimandarci ad un qualcosa che, pur se dentro di noi, fa fatica a riaffiorare, perché - e qui ancora cito - "L'ampio eterno respiro del fiume che pulisce l'aria (...)" non è più tale (aggiungo io).

   Don Camillo è un tutt'uno con le passioni e le tensioni dei suoi parrocchiani e, più in generale, dei suoi tempi, quelli dell’immediato secondo dopoguerra, che sappiamo essere stati, sotto diversi aspetti, particolarmente delicati. E' uomo concreto, anche d’azione, con una - direi - "fisicità" che lo rende vicino a tutti.

   Il grande merito di Guareschi sta nell'essere riuscito a dare così tanta statura a questo personaggio da renderlo ben più di una figura di pagina di libro.

   Come tutti sanno, infatti, il libro procede per episodi, di conseguenza il carattere dei personaggi si delinea poco per volta, e, se sulle prime sembrerebbe prevalere nel sacerdote un aspetto aggressivo e polemico, man mano che ci si addentra nella lettura e nella conoscenza emergono le vere doti, vale a dire la grande generosità, la capacità di comprendere al volo debolezze e sfaccettature dell'animo umano, la fede incrollabile al servizio di Dio, il coraggio delle azioni. Tutte qualità positive, che si rafforzano nel quotidiano dialogo con il Crocifisso.

   Il prete di Guareschi è un personaggio che esce dalle pagine e dagli schemi preconfezionati e diventa reale: lotta, le busca, e, talvolta, come dice l'autore, "gli scappano i cavalli", sale sul ring, ama la buona cucina, ha l'innocente vizietto del sigaro, lo appassiona la competizione sportiva, non esita a ricorrere a piccoli trucchetti, conosce le armi, ha un rapporto speciale con la bicicletta, simbolo della sua terra e del suo tempo, ama stuzzicare e provocare il suo amico-nemico Peppone, contrasta con tutte le sue forze "l'ondata rossa". E, ancora, non ha paura delle conseguenze dei suoi gesti, sa apprezzare ogni momento della vita, ama tutto quanto gli sta intorno, persone e cose.

 

   Cito: "Don Camillo si fece avanti e rimase senza fiato: mezzo filare di viti era stato tagliato al piede e i tralci abbandonati tra l'erba parevano bisce nere (...) Don Camillo ritornò a casa atterrito come se avesse visto mezzo filare di assassinati."; o ancora: "Qui non è questione di cento bestie. Qui si tratta di patrimonio pubblico. E la morte di cento bestie (...) rappresenta un danno per tutti, buoni e cattivi."

 

   Un prete dunque che, con una definizione molto di moda adesso, si potrebbe definire "in prima linea", sempre ben informato su quanto succede nella sua comunità, di cui è perno e punto di riferimento puntuale e costante.

   Poi c'è tutto il resto, in particolare l'essere tutt'uno con il Cristo crocifisso, nelle pagine in cui la dimensione terrena, quella della debolezza dell'essere umano, si fonde - e qui è grande la maestria dell'autore, che mai cade nella retorica - con quella spirituale.

   Da una parte, infatti, le bonarie "tirate d'orecchie" del Cristo nei confronti del prete lo ancorano alla dimensione terrena, dall'altra gli alti, ma concreti, discorsi spirituali lo elevano a un qualcosa che, anche se va oltre l'umana comprensione, viene comunque ben percepito, interiorizzato e apprezzato dal lettore, di qualsiasi estrazione culturale e sociale egli sia.

   E in questo continuo andare e venire c'è molto Guareschi, in particolare quel suo guardare le cose da una diversa prospettiva.

   Ora sarebbe interessante estrapolare qualche brano dal "Mondo piccolo" per riuscire a esemplificare quanto espresso. La cosa, però, mi risulta difficile, in quanto è il quadro d'insieme - tanti racconti che alla fine risultano un completo affresco - che può testimoniare il tutto.

   In ogni caso ci provo, limitandomi, per ragioni di tempo, a un piccolo contributo che potrà magari servire per trovare ulteriori personali stimoli, suggestioni e riflessioni.

   Un racconto a mio avviso molto importante che può fornire spunti per declinare meglio la figura del prete in Guareschi è "La processione".

   L'autore, in questo caso, descrive una situazione tipica del tempo, una manifestazione di devozione un tempo molto diffusa, specie nei piccoli centri, una consuetudine che ora si è, fortunatamente non dappertutto, un po' persa. A differenza di altri racconti, qui il tono appare diverso, con punte di tensione drammatica. La tradizionale processione durante la sagra del paese per la benedizione delle acque pare debba avere stavolta, per ragioni di sicurezza, legate ai soliti problemi di convivenza tra due modi di pensare contrapposti, due soli attori, il prete e il Crocifisso.

   Ebbene, in questo frangente, la dimensione del sacerdote va oltre. Di fronte all'ostilità e al pericolo, forte dell'unione, anche fisica, con il Crocifisso, la statura del prete si eleva e supera l'umana prospettiva:

 

   "Don Camillo si trovò improvvisamente la strada sbarrata. Duecento uomini avevano bloccato tutta la strada e stavano lì muti, a gambe larghe e braccia conserte e davanti c'era Peppone con le mani sui fianchi.

   Don Camillo avrebbe voluto essere un carro armato. Ma non poteva essere che don Camillo, e quando fu arrivato a un metro da Peppone, si fermò.

   Allora cavò l'enorme Crocifisso dal fodero di cuoio e lo sollevò brandendolo come una clava. - Gesù - disse don Camillo, - tenetevi saldo che tiro giù! -"

 

   La conclusione, anche se molti di voi la conosceranno, è da leggere, perché quella che, nelle premesse, avrebbe dovuto essere una resa, diventa, nella sua semplicità, un messaggio di speranza e di quanto la Provvidenza può fare, anche quando tutto sembra già perduto in partenza.

 

   "Don Camillo prese la via del ritorno e, quando fu arrivato sul sagrato e si volse perché il Cristo desse l'ultima benedizione al fiume lontano, si trovò davanti il cagnetto, Peppone, gli uomini di Peppone e tutti gli abitanti del paese. Il farmacista compreso che era ateo ma che, perbacco, un prete come don Camillo che riuscisse a rendere simpatico il Padreterno, non lo aveva mai trovato!" 

 

   Guareschi, in questo caso, con una semplicità e una chiarezza non da pochi, dà potenza, carisma e forza all’uomo, che riesce a fondersi con il Cristo.

 

 

                                                           Lorenza Pellegrini, testo dell’intervento del 12/09/2009.

 

Serata catechistico culturale a Madonna Prati di Busseto con S. E. Mons. Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza, Lorenza Pellegrini, insegnante e scrittrice, Guido Conti, scrittore, Giovanni Lugaresi, giornalista e scrittore.

   Incontro condotto da Egidio Bandini, giornalista, con la partecipazione della Corale San Donnino - Città di Fidenza diretta dal M° Giovanni Chiapponi.

 

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